L'amplificazione polare è un fenomeno climatico che si manifesta quando qualsiasi variazione nell'equilibrio radiativo netto, come l'intensificazione dell'effetto serra, produce un cambiamento di temperatura più marcato vicino ai poli rispetto alla media planetaria.[1] Questo concetto è generalmente espresso attraverso il rapporto tra il riscaldamento polare e quello tropicale. Su un pianeta con un'atmosfera capace di limitare l'emissione di radiazioni a lunghezza d'onda lunga nello spazio le temperature superficiali risultano più elevate rispetto a quanto previsto da una semplice valutazione della temperatura di equilibrio planetario.[2]
La presenza di atmosfera o di un vasto oceano, in grado di trasportare il calore verso i poli, determina un riscaldamento maggiore in queste regioni, mentre le zone equatoriali sperimentano temperature più fresche rispetto alle previsioni basate sui loro bilanci radiativi locali. I poli tendono a subire un raffreddamento più accentuato in condizioni di temperatura media globale più bassa rispetto a un clima di riferimento, mentre, al contrario, sperimentano il riscaldamento più intenso quando la temperatura media globale è più elevata.[1]
Il concetto di amplificazione polare è ben espresso da Venere; si pensa che il pianeta abbia sperimentato un notevole aumento dell'effetto serra[3] tanto da raggiungere un equilibrio isotermico, ovvero presenta una temperatura relativamente costante su tutta la sua superficie.[4][5] Sulla Terra il vapore acqueo e i gas mitigano l'effetto serra, e l’'atmosfera e gli estesi oceani forniscono un efficiente trasporto del calore verso i poli.
I cambiamenti paleoclimatici e il riscaldamento globale contemporaneo hanno minato questo equilibrio causando l'amplificazione polare.
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